Festival di radicondoli 2024
Alfabeto interiore
In questo momento storico dell’egemonia delle tecnologie che massificano la cultura e la privano del potere innovativo ed “energetico”, in un momento in cui la politica sembra a poco a poco disattendere speranze di riflessione, ecco che appare necessario e urgente interrogarsi, creare nuovi spazi di libertà dove lo spirito dell’uomo possa coltivare l’arte e la singolarità. Una dimensione che dà importanza alla parola e al gesto, al rapporto diretto, personale con la comunicazione, cioè in
pratica alla necessità di teatro.
E’ un ritorno alla sacralità in una religione laica, dove l’uomo è di nuovo al centro, sacerdote e iniziato, spettatore e protagonista, in uno spazio dove ognuno coltiva la propria libertà, scava in profondità nel solco della conoscenza, cercando un nutrimento non finalizzato alla consumazione immediata dell’oggetto.
Il teatro è uno spazio di resistenza in cui è possibile vivere esperienze che la tecnologia non è in grado di definire.
Attraverso il teatro si può capire il mondo senza giudicarlo, trovare chiavi di interpretazione di una società che sta mettendo insieme i pezzi con l’aiuto della scienza, che però non riesce a dare tutte le risposte.
L’obiettivo prioritario è fissare il momento presente, unico e irripetibile in cui l’interprete e il pubblico si sentono intrappolati in una medesima dimensione, qualcosa di più del tradizionale attimo fuggente, qualcosa di profondo dove l’attore, solo in scena dà corpo alle parole.
Come dice Peter Brook, uno dei grandi maestri del teatro contemporaneo. “Il teatro è un alleato esterno del cammino spirituale, ed esiste per offrire bagliori, inevitabilmente brevi, di un mondo invisibile che permea quello di tutti i giorni, ed è normalmente ignorato dai nostri sensi”.
Uno spazio sacrale ma nello stesso tempo aperto a differenti influssi, democratico e sincretico fra diverse culture, dove ognuno può portare la propria sensibilità.
Il teatro è il rifugio ma anche il luogo delle risposte alla complessità del mondo, può essere il nostro alfabeto interiore.
Il teatro praticato nei riti medievali aveva una funzione rituale, sacrale, in cui l’attore al centro era responsabile della parola della comunicazione e ancora oggi in oriente, in Africa la ritualità e la sacralità sono elementi fondanti del fare teatro.
Credo che sia importante ritrovare la dimensione rituale del teatro e del festival a diretto contatto con il pubblico per produrre ossigeno e accendere fuochi immaginativi ed emozionali in maniera catartica e costruttiva.
Ripensare al teatro come un culto, una pratica che non si riduce al puro uso.
Massimo Luconi, direttore Radicondolifestival